Una foto Italiana

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Una foto Italiana


Per un attimo una foto del boss mi sottrae al mio lavoro di editing.

Decido d'impulso di spendere due parole per una foto “italiana”. Un’Italia che forse non c’è più, ma ogni tanto si affaccia tra le pieghe del tempo.
È l’Italia di quando ero bambina e il suono consueto dei pomeriggi estivi era il rimbombo del pallone tra le case. È l’Italia della malinconia lenta del bambino “a cui fugge il pallone tra le case”.

È un momento sospeso, tra una maturità e un’infanzia.

Anche la sposa e il fratello a destra, con le mani che immagino protese a raccogliere qualcosa che viene lanciato dall’alto, come capitava talvolta che le mamme precipitassero chiavi o altri oggetti necessari ai pargoli nel loro gioco di quartiere, perché troppa era la fretta per salire le scale e ridiscenderle: non c’era tempo da perdere mentre la luce rimbalzava sul selciato e il sudore imperlava le fronti.

[Mi piacciono anche i passanti, alcuni distratti come devono essere per definizione, altri inclini a infilarsi nella scena di proposito o loro malgrado, attirati anch’essi da quel qualcosa che sembra richiamare l’attenzione dall’alto. Bella anche la scuola delle suore lassù, che io so dominare la Baia dall’alto; bello Portobello lì dietro, che aspetta la fine dell’estate per bisbigliare solo a noi i suoi segreti più “intimi”: le ciotole in cui mangiano i gatti appoggiate sullo scalino del bar, l’angolo in cui si fermano i rami portati dal mare… ]

(TC)

 

[Sarà che oggi è San Michele, la festa patronale del piccolo paese da cui provengo, sarà che le feste patronali riportano sempre a qualcosa]